lunedì 29 ottobre 2012

La Fortuna - Costa Rica


Non poteva esserci nome più adatto per La Fortuna, una piccola cittadina alle pendici di uno dei vulcani più attivi del Costa Rica.


Attività che si manifestò con tutta la sua furia distruttrice quando alla fine degli anni '60 una violenta eruzione cancellò gran parte delle cittadine limitrofe, lasciando La Fortuna come unica superstite. L'eruzione trasformò radicalmente la struttura sociale di questa città, quella che fino ad allora era stata una società prevalentemente agricola diventò una delle mete più turistiche di tutto il Costa Rica.

Il nome La Fortuna ha origine proprio dalla buona sorte che le permise di sopravvivere all'eruzione; anche se i più maliziosi non dimenticano di sottolineare come abbia usufruito delle disgrazie altrui per far crescere esponenzialmente la sua economia.

Appena arrivati in città la vista degli oltre 1600 mt del vulcano Arenal non può lasciare indifferenti, generando in noi una sorta di timore reverenziale nei confronti di una simile meraviglia della natura, in grado di sovrastare il panorama circostante.
Tutt'altra sensazione ci travolge quando raggiungiamo il nostro ostello: Gringo's Pete, un'ambiente molto caldo e accogliente, con una forte impronta hippy ,gestito da Pete un simpatico americano sulla sessantina con una folta barba bianca ed una notevole somiglianza con babbo natale.I quattro giorni trascorsi a La Fortuna sono intesi, felici ed emozionanti. Emozione che non può non pervadere ogni fibra del tuo corpo quando hai la possibilità di nuotare sotto una cascata di 80 mt, sentendo dentro di te la potenza dell'acqua in una sorta di totale fusione con la natura circostante.



Come si fa a non essere felici davanti alla vista di una reazione chimica provocata dall'incontro di 2 fiumi vulcanici tale da rendere l'acqua di un'incantevole tonalità di celeste-











Come si fa a non sentirsi in paradiso quando hai la possibilità di immergerti nel Rio celeste a ridosso di una sorgente vulcanica in grado di creare uno spicchio d'acqua calda in uno fiume freddo.


Dopo tutto questo, essere andati in delle terme vulcaniche il giorno prima, non può non far riflettere di come l'uomo non riuscirà mai, per quanto possa avvicinarsi a ricreare quella magia che solo una natura incontaminata e selvaggia può trasmettere.









domenica 28 ottobre 2012

San Carlos + Isole Solentiname - Nicaragua


Nonostante Ometepe sia riuscita a trasmetterci una tranquillita` e un senso di armonia con la natura circostante mai provato prima, decidiamo a malincuore di abbandonarla. Il nostro viaggio per San Carlos comincia da qui, dal ciglio di una strada in attesa del pullman che ci conduca al porto. Finalmente dopo tre ore di attesa il nostro mezzo di trasporto arriva, siamo pronti per passare le prossime 12 ore su di un'imbarcazione che ricorda piu' un mercantile che una barca. L'aria condizionata ci obbliga a tirar fuori dallo zaino i vestiti piu' pesanti, le panche dove siamo seduti a breve diventeranno i nostri letti, un vecchio televisore anni ottanta inizia a proiettare film dell'orrore.
Il viaggio e' cominciato.
Uno di questi film probabilmante non lo dimenticheremo mai, si chiama "La violenza del sesso" la pellicola racconta la storia di una giovane ragazza allegramente stuprata per i primi quaranta minuti del film dallo sceriffo del paese, da un ragazzo autistico, e da altri tre ragazzi. I successivi quaranta minuti sono dedicati alla sua vendetta, costituita da amputazioni di organi genitali, da facce sciolte nell'acido e un fucile a pompa inserito nel deretano dello sceriffo. Un po' turbati decidiamo che forse e' meglio non vedere il successivo film e cerchiamo di prendere sonno.



L'alba coincide con il nostro arrivo. Per noi San Carlos rappresenta una cittá di passaggio, l'attesa per la barca che ci porti sull'arcipelago di Solentiname ci obbliga a fermarci sette ore in questa caotica cittadina. Alla ricerca di un po' di tranquillità andiamo a visitare la fortezza situata nel punto più alto della città ,lontani da rumori e odori decidiamo di riposarci all'ombra di un albero. Dopo qualche ora troviamo le forze per affrontare il centro con le sue "profumate" macellerie e il suo "silenzioso" mercato. Ammirando i moderni metodi di giardinaggio, e trovando il tempo di perdere anche qualche partita contro professionisti di tablero (l'equivalente della nostra dama), il tempo passa più in fretta del previsto.


 

Dopo dodici ore di barca, un'attesa di sette ore a San Carlos ed un altro viaggio di due ore su una piccola lancia riusciamo a intravedere Mancaron; La più grande isola del arcipelago Solentiname, ad attenderei c'è un piccolo molo, una chiesa e stranamente un piccolo accampamento militare.

Un po' stanchi  carichiamo i nostri pesanti zaini e ci avviamo verso il centro dell' isola alla ricerca di uno ostello di nostro gradimento. Sconfortati dalle scarse condizioni igeniche e dall'elevato prezzo ritorniamo verso il molo dove avevamo intravisto una splendida baita in legno affacciata sul lago.
La casa e meravigliosa, la cucina e il bagno sono in condivisione con le altre stanze, ma essendo bassa stagione l'abitazione è disabitata; il prezzo è conveniente e senza pensarci due volte prendiamo un incantevole stanza con ampie vetrate vista lago.
Dopo 500 gr di una pasta oggettivamente non delle migliori ci infiliamo ermeticamente sotto la zanzariere.
Stanchi e felici ci apprestiamo ad addormentarci, inconsapevoli di passare da il a poco una delle notti più lunghe delle nostre vite.
Verso le dieci dei rumori violenti provenienti dal nostro tetto ci colgono di sorpresa, ad essi si aggiunge il bagliore di una torcia riflettersi sulle vetrate della nostra isolata capanna in uno stato di allerta, iniziamo a domandarci sulla natura di quelle luci.
Le ipotesi che formuliamo non riescono a tranquillizzarci e ci lasciano in uno stato di vigile allerta, dopo circa un'ora quando finalmente le palpebre iniziavano a calare, il sordo rumore di un colpo di fucile ci immobilizza aumentandoci considerevolmente i battiti cardiaci, la sensazione di paura ci stringe lo stomaco, il nostro fedele coltellino ci fa compagnia nel letto, gli occhi sono spalancati e i sudori sono freddi. L'alternarsi  delle luci e dei crescenti colpi di fucile sembra aver fermato il tempo, la paura si è impadronita dei nostri corpi, la vescica piena viene svuotata in una bottiglia.
 Senza chiudere occhio aspettiamo in uno stato d'ansia la luce che sembra non far più parte di questo mondo. Guardo l'ora ed è solo l'una ci aspettano ancora cinque ore di inferno... Sono le tre i colpi di fucile non smettono e i rumori si fanno più insistenti. Come spesso accade in queste situazioni l'ipotesi peggiori sono sempre le più plausibili, nel nostro caso siamo convinti di trovarci in una guerra tra narcotrafficanti ed esercito.
Finalmente arriva la luce, finalmente i colpi di fucile sono terminati, finalmente possiamo andare in bagno.
Beh dopo una notte così scoprire che i rumori sul tetto erano provocati dai frutti fatti cadere dagli uccelli, che le luci erano dei militari incaricati di sorvegliare la zona per evitare l'attracco di narcotrafficanti e che i famigerati quanto temuti colpi di fucile facevano parte di una festa nazionale volta a celebrare la fine di una guerra avvenuta trentasei or sono ci fa sorridere; e ci fa anche pensare che non vi abbiamo nemmeno parlato dei pipistrelli che hanno condiviso la stanza con noi per tutta la notte, e di quella stronza di una zanzara che è riuscita ad infilarsi sotto la zanzariera...