domenica 30 dicembre 2012

Isole San Blas Panama - Colombia

È ora di andare all'appuntamento!
Ad attenderci troviamo un distinto uomo sulla sessantina, dall'aria giovanile con uno splendido paio di baffi ben curati e un invidiabile abbronzatura.
Ad accompagnarlo il suo marinaio Uerley, un esile ragazzo colombiano al quale daresti 20 anni, dai grandi occhi neri e una splendida risata contagiosa.
Dopo aver ascoltato in religioso silenzio il programma di navigazione  ,consistente in 4 notti e 5 giorni  attraverso le incantevoli isole di San Blas, proseguendo con 30 ore di navigazione in mare aperto per raggiungere Cartagena, facciamo la conoscenza di una parte dell'equipaggio: Tayaln e Alba provenienti dall'Australia, un'altra coppia formata da un inglese Dave e una tedesca Lavinia con origini italiane,e Martin un ragazzo tedesco.
Conquistati sia dagli spigliati modi di fare del capitano che dalle buone impressioni trasmesse dagli altri passeggeri, decidiamo di imbarcarci il giorno seguente su Buon vento, con la speranza di poter riassaporare la tanto amata cucina italiana.
Una eccitazione latente anima i nostri corpi, da li a un'ora saliremo a bordo di uno splendido catamarano, perdendoci tra le celesti acque di San Blas.
Nell'attesa di raggiungere Porto Lindo, famosa per il suo Cristo nero, nonchè metà necessaria per appore il timbro di uscita da Panama e dal centro america, rimaniamo amkmaliati dai racconti colmi di vita e ardore del nostro capitano.
Simile ad un personaggio di Jack London, Edoardo ci racconta della sue esperienze per mare, delle innumerevoli donne che lo hanno accompagnato e della passione e della libertá che il mare è riuscito a donargli.
Arrivati a poche centinaia di metri dalla casa galleggiante che ci ospiterà per i prossimi cinque giorni, facciamo la conoscenza dell'intero equipaggio.Il primo a presentarsi è un bellissimo ragazzo canadese, dai lunghi capelli biondi simili a quelli di un angelo, accompagnati da gelidi occhi color ghiaccio che gli conferiscono un'aria quasi spettrale. Affascinato dalla vitalità Colombiana e dalle sue splendide ragazze, Lukas ha deciso di trasferirsi a Baranquilla, la città natale di Shakira, guadagnadosi da vivere come insegnante di inglese.
A lui sussegue Bobby, un ragazzo educatissimo dai duri e tipici tratti inglesi, con una leggera somiglianza all'eroe western John Wayne.
Dopo Bobby è il turno di Alexandra, un'insegnante di spagnolo danese.I suoi lunghi capelli rossi fanno da cornice ad una ragazza timida e composta, la cui incredibile pacatezza non la fa sembrare di quest'epoca.
E poi infine c'è lei Lara Hauser, una ventenne svizzera dalla voce acuta e lamentosa, sicuramente la star del viaggio. Definita dal capitano, citando testuali parole: " sembra una Sandra Milo dei giorni nostri, non capisci bene se ci è o ci fá".
Prima di Lara arriva la sua valigia, piú o meno delle stesse dimensioni del catamarano, che le costerà affettuose battute per la durata dell'intero viaggio.
Guardando la sua infatile spensieratezza ci si domanda increduli di come sia riuscita una ragazza così esile e apparentemente svampita, a viaggiare per tutto il centro america con un bagaglio di quel peso e di quelle dimensioni.
Con il vento tra i capelli siamo pronti ad affrontare le 5 ore di navigazione che ci separano dalle tanto desiderate San Blas. Tra un gin tonic, qualche oliva, e interessanti disquisizioni con Edoardo sulla popolazione indigena locale, i Kuna e della loro relativa indipendenza dal governo panamense, il viaggio scorre fluido e piacevole.
Le olive non avevano fatto minimamente presagire ció che avremmo mangiato qualche ora dopo, un trionfo di linguine ai frutti di mare si presenta davanti ai nostri corpi affamati, lasciando atteriti persino gli inglesi.Il sapore tipico della cucina italiana pervade il nostro palato, riscaldando i nostri cuori.
Che meraviglia godersi il caffè dopo una cena del genere, che estasi sorseggiare rhum Abuelo sotto un oceano di stelle, dondolati dal dolce cullare del mare.
In un tripudio di sensi andiamo a rifugiarci nella nostra accogliente cabina, cadendo rapidamente tra le affettuose braccia di Morfeo.





Al nostro risveglio, quello che il giorno prima l'oscurità aveva tenuto avidamente per sè, viene delicatamente riportato in vita dalle prime luci dell'alba.
Davanti a noi una miriade di isolette di corallo dai ciuffi di palme, si levano dal mare turchese, facendo divampare in tutti noi un irrefrenabile desiderio di tuffarcisi dentro.
Per quante parole io possa conoscere, non riuscirò mai a trasmettervi le emozioni provate nell'ammirare la varietà di pesci che popolano una delle più belle e colorate barriere coralline del mondo.
Per mia fortuna ad aiutarmi ci sono le fotografie, ma anch'esse per quanto possano riprodurre alla perfezione le tonalità del mare di San Blas, non riusciranno mai ad infondervi quella percezione di isolamento e di pace che abbiamo provato nei due giorni passati qui.







Al momento di lasciare il paradiso nè io nè Ramona ci saremmo aspettati di ritrovarci cosí rapidamente all'inferno. Se per 2 giorni, l'idea di poter condurre una vita in mare ha cullato i nostri pensieri, le 30 ore di navigazione initerrotte in mare aperto hanno leggermente modificato i miei sogni. Trenta ore di mal di stomco, nausea, vomito e testa pesante hanno devastato i nostri corpi.
Le miracolose pillole, gelosamente custodite da Ramona nulla hanno potuto contro la potenza degli alisei e dell'oceano. Magra consolazione è stata quella di veder abboccare all'amo la nostra ultima cena: come antipasto due splendidi tonni,  e a seguire  un meraviglioso dorado di un verde intenso e luccicante.
In ogni caso questa resterà un'esperienza unica.
Come dimenticarsi della sensazione provata nel vedere l'immagine sfumata della terra colombiana farsi sempre piú nitida con l'avanzare della navigazione.
Come poter non ripensare alle conversazioni intime, ai limiti dell'esistenziale con il nostro capitano.
Come non stupirsi nell'apprendere che Uerley quasi trentenne è padre di due figli.
Come non restare sconcertati nell'apprendere dallo stesso Uerley, i meccanismi gerarchici di anzianità dei Kuna, e del relativo quanto legittimo potere da parte degli anziani di dedicare alle proprie figlie e nipoti un affetto che va' al di la di quello del buon padre di famiglia. Ricordandosi con stupore di non aver frainteso come un'errore di traduzione un dialogo avvenuto qualche giorno prima tra Ramona e un vecchio kuna. L'indigeno rispondendo ad una domanda riguardo il numero della sua prole disse con la più totale noncuranza di possedere 9 figli, più i figli avute dalla sue figlie.
Pur consci di non avere gli strumenti necessari per poter giudicare lo stile di vita di questi indigeni, le nostre menti formate dalla cultura occidentale non potranno mai elasticizzarsi al punto di poter comprendere e accettare l'incomprensibile.





Nonostante questa breve parentesi, la barca con il suo romanticismo e la sua relativa convivenza forzata è stata un piacevole catalizzatore di emozioni e di legami.
Dopo solo 5 giorni abbiamo sinceramente provato un affetto e un'amicizia che molte volte non si riescono a coltivare in anni di frequentazioni. La stima e la vicinanza che ci hanno legato ad alcuni di loro spero possano essere in un futuro un buon prestesto per ricontrarci.








venerdì 28 dicembre 2012

Panama City

Dopo aver passato quasi un'intera giornata a viaggiare in pullman per le montagne panamensi, giungiamo finalmente nella capitale Panama City.Una città per la quale sia io che Ramona abbiamo riposto numerose aspettative.
Come 2 paguri che si portano appresso la propria casa, giriamo per le incantate vie di Casco Vejo, il quartiere storico della città, alla ricerca di una degna sistemazione.
Probabilmente troppo stanchi e accaldati per essere lucidi prendiamo la stanza piú economica del barrio, un quadrato di cemento con un bagno pericolosamente fatiscente.
Tra la sporcizia dilagante e i buchi nel soffitto facciamo la conoscenza  di Sara e David una simpatica quanto bizzarra coppia di artigiani, che attraverso la fabbricazione di borse in cuoio, cercano di spostarsi per il Sud America.
Lei un peperino di livornese, non impiega molto tempo a prendere la confidenza necessaria per lamentarsi dell'utopicità dei pensieri di David. Con il tipico fervore toscano e con un velo di tristezza negli occhi per la costante paura di perderlo, Sara mostra tutto il suo disappunto per essere costretta a mantenere David da oltre 4 mesi.
 Lui un ecuadoreno che fino a poco tempo prima si guadagnava la pagnotta nelle piazze dell'Ecuador facendo figure con i palloncini, lamenta una continua sofferenza nei confronti di un sistema che lo costringe ad essere schiavo del lavoro e dei soldi ( di Sara, come attentamente puntualizza lei!!!). La sua libertá gli impedisce fisicamente di trovarsi un lavoro stabile, che lo porterebbe ad una condizione irreversibile di schiavitù.
Evitando di voler far da giudice, a favore di una delle due opposte concezioni di vita, le loro continue discussioni hanno animato il nostro soggiorno all' Hospedaje Casco Vejo; stimolando in noi piacevoli e simpatiche riflessioni sui possibili futuri per questa apparentemente incompatibile coppia.
Parlando di Casco non si puó prescindere dal raccontare la sua storia e il profondo cambiamento subito negli ultimi anni.
Da quando è stato nominato nel 2003 patrimonio dell'umanità da parte dell'Unesco, uno dei quartieri più malfamati e degradati di Panama ha cominciato una lenta ed inarrestabile riqualificazione, che lo ha portato a diventare il fiore all'occhiello dell città. I segni della crescita sono ancora visibili, squadre di operai e poliziotti lavorano giorno e notte nel cercare di ricreare un angolo di Svizzera a Panama.
Passaeggiando per le sue vie non si può non restare affascinati da questa evoluzione, il contrasto tra gli edifici perfettamente restaurati e gli scheletri delle vecchie e scrostate case coloniali, tenute in piedi dai tiranti, ricorda alcuni scorci dell'Havana.
Il primo interrogativo sorge spontaneo, dove sono finiti i vecchi abitanti di Casco?
Quali e quanti diritti ha dovuto calpestare il governo panamense, per smantellare un intero quartiere in nome del patrimonio dell'umanitá?
Dopo aver passato quasi un'intera giornata a viaggiare in pullman per le montagne panamensi, giungiamo finalmente nella capitale Panama City.Una città per la quale sia io che Ramona abbiamo riposto numerose aspettative.
Come 2 paguri che si portano appresso la propria casa, giriamo per le incantate vie di Casco Vejo, il quartiere storico della città, alla ricerca di una degna sistemazione.
Probabilmente troppo stanchi e accaldati per essere lucidi prendiamo la stanza piú economica del barrio, un quadrato di cemento con un bagno pericolosamente fatiscente.
Tra la sporcizia dilagante e i buchi nel soffitto facciamo la conoscenza  di Sara e David una simpatica quanto bizzarra coppia di artigiani, che attraverso la fabbricazione di borse in cuoio, cercano di spostarsi per il Sud America.
Lei un peperino di livornese, non impiega molto tempo a prendere la confidenza necessaria per lamentarsi dell'utopicità dei pensieri di David. Con il tipico fervore toscano e con un velo di tristezza negli occhi per la costante paura di perderlo, Sara mostra tutto il suo disappunto per essere costretta a mantenere David da oltre 4 mesi.
 Lui un ecuadoreno che fino a poco tempo prima si guadagnava la pagnotta nelle piazze dell'Ecuador facendo figure con i palloncini, lamenta una continua sofferenza nei confronti di un sistema che lo costringe ad essere schiavo del lavoro e dei soldi ( di Sara, come attentamente puntualizza lei!!!). La sua libertá gli impedisce fisicamente di trovarsi un lavoro stabile, che lo porterebbe ad una condizione irreversibile di schiavitù.
Evitando di voler far da giudice, a favore di una delle due opposte concezioni di vita, le loro continue discussioni hanno animato il nostro soggiorno all' Hospedaje Casco Vejo; stimolando in noi piacevoli e simpatiche riflessioni sui possibili futuri per questa apparentemente incompatibile coppia.
Parlando di Casco non si puó prescindere dal raccontare la sua storia e il profondo cambiamento subito negli ultimi anni.
Da quando è stato nominato nel 2003 patrimonio dell'umanità da parte dell'Unesco, uno dei quartieri più malfamati e degradati di Panama ha cominciato una lenta ed inarrestabile riqualificazione, che lo ha portato a diventare il fiore all'occhiello dell città. I segni della crescita sono ancora visibili, squadre di operai e poliziotti lavorano giorno e notte nel cercare di ricreare un angolo di Svizzera a Panama.
Passaeggiando per le sue vie non si può non restare affascinati da questa evoluzione, il contrasto tra gli edifici perfettamente restaurati e gli scheletri delle vecchie e scrostate case coloniali, tenute in piedi dai tiranti, ricorda alcuni scorci dell'Havana.
Il primo interrogativo sorge spontaneo, dove sono finiti i vecchi abitanti di Casco?
Quali e quanti diritti ha dovuto calpestare il governo panamense, per smantellare un intero quartiere in nome del patrimonio dell'umanitá?
Nonostante tutte queste domande, il paesaggio che si può ammirare da Casco è da lasciare senza fiato!!Davanti a noi una baia separa la parte nuova della città, formata prevalentemente da scintillanti grattacieli. Increduli nel vedere un tale contarsto urbano all'interno della stessa città, non proferiamo verbo godendoci intensamente il panorama davanti ai nostri occhi.



Nonostante tutte queste domande, il paesaggio che si può ammirare da Casco è da lasciare senza fiato!!Davanti a noi una baia separa la parte nuova della città, formata prevalentemente da scintillanti grattacieli. Increduli nel vedere un tale contarsto urbano all'interno della stessa città,                  godendoci intensamente il panorama davanti ai nostri occhi.


Purtroppo la vicinanza della nostra stanza alla fatiscente cucina comune, ci costringe ad alzarci prima di quanto avremmo desiderato. Sebbene la giornata sia iniziata malissimo, ascoltando la voce stridula di un insopportabile argentina mescolata ai maldestri tentativi di David di suonare la chitarra, la voglia di andare a visitare una delle opere ingegneristiche più strabilianti del mondo ci entusiasma; facendoci dimenticare la stanchezza.
Giunti alle chiuse di Miraflores rimaniamo sbalorditi dall'incredibile storia che vi è alle spalle della costruzione del canale di Panama.
I lavori iniziati ad opera dei francesi più di cento anni fa, presentarono oltre alle varie difficoltà oggettive di costruzione, imprevisti quali la malaria e la febbre gialla che decimarono letteralmente le squadre di lavoro francesi, obbligandoli qualche anno più tardi ad abbandonare il progetto in favore degli americani. I quali facendo tesoro del fallimento francese terminarono l'opera nel 1914.
La costruzione del canale da parte degli americani fu un'arma a doppio taglio per il governo panamense, il quale dovette subire un'ingerenza ai limiti dell'invasione da parte del governo americano per oltre ottant'anni, fino a quando verso gli anni '90 il controllo della struttura non passò interamente nelle mani di Panama.
Per rendere l'idea dell'importanza commerciale che il canale riveste a livello mondiale,credo che sia utile ricordare che ogni anno vi transitano circa 15000 imbarcazioni, e in tutto il mondo le navi vengono costruite in base alle dimensioni delle sue chiuse; e la tariffa media di ogni passaggio si aggira intorno ai 33.000 dollari.
Sicuramente aver avuto la possibiità di poter ammirare il passaggio di una nave container, restando affascinati dall'ingegnoso sistema di abbassamento e di innalzamento dell'acqua nelle vasche del canale è stata l'esperienza piú significativa della nostra visita a Panama.


 Quella che dalla lontananza di casco sembrava essere una nuova Miami, da vicino si è rivelata un centro caotico e mal costruito, l'assenza di marciapidi, le orribili costruzioni e l'asordante e continuo rumore dei clacson ci ha costretto ad abbandonare rapidamente la parte nuova della città. 
La citta' che ha prima impressione ci era sembrata un luogo dove poter vivere si è rivelata l'ennesima metropoli affollata e pericolosa del centro america.
Ricevere l'avvertimento, di un giovane studente alle 5 del pomeriggio, di diffidare dai taxisti perchè per la maggiorparte sono delinquenti che non aspettano altro di rapinarti, invitandoci calorosamente a ritornare nel nostro ostello prima che il sole abbandoni il quartiere è un concetto distante anni luce dalla nostra concezione di quieto vivere. Essere ghettizzati nell'unico quartiere dove le forze dell'ordine superano la gente per strada non è la massima espressione di libertà.
Il giorno seguente, dopo aver preso la decisione di lasciare Panama per raggiungere la Colombia in barca, iniziamo ad informarci presso gli ostelli della città sulle varie imbarcazioni charter che effettuano questo servizio e sulla loro relativa disponibilità ed affidabilità. Alla fine, dopo una scrupolosa analisi, la braca prescelta è Buonvento un catamarano di 13 mt capitanato da un brianzolon con 30anni di esperienza per mare.
Grazie alla classica testardaggiane e caparbietà tipica di un vera piemontese, Ramona inizia una battaglia personale nei confronti della receptionista del nostro ostello, ostinata a non pagare i 50 dollari richiesti come mediazione per metterci in contatto con il capitano della barca, e dando fondo a tutte le sue conoscenze informatiche, il mio piccolo pitbull di Ciriè riesce a mettersi direttamenete in contatto con Edoardo il capitano della barca eludendo la ferrea sorveglianza della receptionista.
Aspettando l'imbarco della mattina seguente, ci godiamo l'ultimo pomeriggio a  Panama, gironzolando per l'affascinante e affolatissimo mercato del pesce e terminando la giornata con una romantica passeggiata sulla Causaway: una bellissima strada rialzata, fiancheggiata da palme, che collega 4 isolotti con la terraferma; un luogo ideale per scappare dal frastuono della città.